DIGITO: Studenti contro la Riforma Gelmini
di Serena Carta
Palermo, Napoli, Roma, Bologna, Firenze, Pisa, Padova, Milano, Torino. In questi giorni, in ognuna di queste città, gli Atenei sono in stato di agitazione. Con il debutto dell’anno accademico, infatti, tutto il mondo universitario è stato attraversato da una scossa chiamata all’unisono “No-Gelmini”. Dietro allo slogan, è vivo il sentimento di contrarietà nei confronti delle riforme sull’Università italiana contenute nella Legge 133/2008.
COSA DICE LA LEGGE?
Tre sono i punti principali della riforma.
Il taglio dei finanziamenti agli Atenei del 20% (in 5 anni 1 miliardo 441,5 milioni di euro in meno) (Art. 66). Secondo il mondo accademico, il minore investimento per l’Università si tradurrebbe in una bassa qualità della didattica e della ricerca (già poco competitiva nel panorama europeo) e nell’aumento delle tasse per gli studenti.
La possibilità di trasformazione degli Atenei da enti pubblici a fondazioni private (Art. 16). Privatizzando l’Università lo Stato rischia di disinteressarsi di un servizio pubblico costituzionalmente garantito (Art. 33) e fa riferimento a un modello economico-sociale molto diverso da quello italiano e più simile a quello anglosassone.
Il blocco del turnover al 20% (su dieci pensionamenti le assunzioni potranno essere solo due) (Art. 66). La riduzione del numero dei docenti corrisponde principalmente a tre conseguenze: l’impossibilità di accesso dei giovani ricercatori alla carriera universitaria, la fuga di cervelli all’estero e l’invecchiamento ulteriore della classe dei docenti.
COSA FANNO GLI STUDENTI?
Per domani è stata indetta a livello nazionale dagli studenti medi una manifestazione di piazza contro la riforma sull’Università. A Torino, appuntamento alle 8h30 davanti a Palazzo Nuovo per le Facoltà umanistiche e, alla stessa ora, davanti alla Facoltà di Fisica per i poli scientifici: i due spezzoni si incontreranno poi in Via Po da dove raggiungeranno Piazza Albarello per marciare insieme agli studenti medi. Ma questa è solo l’ultima delle attività di protesta dell’Ateneo torinese. Ad essa tante ne sono precedute ed altre ne seguiranno.
La mobilitazione nella nostra città è iniziata a fine settembre con la sospensione delle prime ore d’insegnamento, momento nel quale docenti e studenti hanno spiegato nelle aule la Legge. La Facoltà di Fisica è poi scesa in strada a fare lezione, mentre Chimica ha dichiarato il blocco della didattica a partire dal 6 ottobre fino a quando i rettori non incontreranno il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università, della Ricerca); a Scienze Politiche è invece prevista per le prossime settimane “una maratona 48 ore” in cui docenti, studenti e ricercatori si confronteranno sui termini della riforma al fine di stilare un documento per “un’altra Università possibile”. L’obiettivo è marciare con lo stesso passo e gli sforzi sinora compiuti vanno nella direzione dell’unitarietà.
AGRARIA “ABITATA”
Sino ad oggi i più concreti nella mobilitazione “No-Gelmini” sono stati gli studenti di Agraria e Medicina Veterinaria, che martedì 7 ottobre hanno inaugurato nei prati della Facoltà un presidio permanente per “difendere l’Università come dovrebbe essere: libera, pubblica, statale”. L’occupazione prevede un accampamento di 25 tende, dove più di una cinquantina di studenti hanno trascorso le scorse due notti. E’ stato scelto di “abitare l’Università per fare vivere la Facoltà oltre gli orari delle lezioni”: lezioni che non saranno sospese, dal momento che sarebbe contraddittorio combattere per il diritto allo studio e poi interrompere la didattica. Con questa forte presa di posizione, le Facoltà di Agraria e Medicina Veterinaria sono il simbolo più visibile del malcontento che regna tra gli studenti di questi tempi.
La determinazione a difendere l’Università italiana come luogo di alta formazione e di diffusione di saperi ben si legge nelle parole di Fulvio Grandinetti (Rappresentante degli studenti d’Agraria) ai microfoni di Radio Blackout: “Dobbiamo agire. E’ finito il tempo delle analisi. Dobbiamo mobilitarci in modo creativo e intelligente. Dobbiamo veramente tornare ad essere protagonisti della nostra Università: libera, pubblica e statale!”.
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