L' Onda diventa grande 'Né tagli né baroni' . Il movimento è diventato adulto 'Né tagli né baroni, andiamo avanti'
Repubblica — 15 novembre 2008 pagina 1 sezione: PRIMA PAGINA
Stavolta a piazza Navona e dintorni non è successo nulla. Non è stato difficile, è bastato non far entrare camion carichi di spranghe. Un' Onda pacifica ha invaso le strade della Capitale. E ha «circondato i palazzi del potere», Montecitorio, Palazzo Madama, Palazzo Chigi, con i colori e i suoni della generazione che «non vuole pagare la crisi». «E' la voce del futuro» gracchiavano i megafoni davanti al Senato e non è retorica. «Né tagli né baroni», lo slogan più sentito. Centomila, duecentomila, lasciamo perdere il balletto dei numeri. Una grande manifestazione, anzi due, il rivolo rosso del sindacato e il fiume variopinto degli studenti. La protesta non finisce in piazza. Le delegazioni di studenti da tutta Italia hanno occupato Biologia alla Sapienza e l' hanno trasformata nel laboratorio di una «vera riforma dell' università». Le proposte degli studenti e dei professori, in alternativa ai tagli Tremonti-Gelmini, saranno presentate fra domani e lunedì. Sono in gran parte ispirate dalle esperienze riformatrici del resto d' Europa. E' in ogni caso difficile fare peggio del governo. E' tempo di bilanci per l' Onda, un movimento che in due mesi ha cambiato la faccia del Paese, incrinato il consenso bulgaro del governo Berlusconi e soprattutto ha rimesso al centro del dibattito la grande questione rimossa del futuro. L' Onda è nata come risposta immediata, spontanea ai tagli della finanziaria. Tagli mal concepiti, come cominciano ad ammettere anche alcuni giornali governativi. Nella fretta di far quadrare i conti di una manovra difficile e di coprire i buchi dell' Ici e dell' affare Alitalia, invece di segare i molti rami secchi dell' istruzione pubblica, si sono stroncate le poche aree di modernità: il tempo pieno alle scuole elementari e la ricerca universitaria. Da qui è sorta un' ampia protesta di studenti, insegnanti e famiglie che soltanto un governo in preda al delirio di onnipotenza poteva considerare un fuoco di paglia. Ma l' Onda è poi cresciuta ed è diventata in fretta un movimento adulto, che non si limita a una battaglia difensiva. Ormai inutile, visto che i decreti sono passati. Si organizza in Italia e all' estero, si è dotato perfino di un servizio d' ordine di tutto rispetto, come s' è visto ieri, e si pone da oggi come laboratorio di un nuovo riformismo. Un riformismo finalmente dal basso, dopo che quelli imposti dall' alto, dai governi di destra e di sinistra, sono miseramente falliti. «Né tagli né baroni» non è soltanto uno slogan. E' il segnale che è possibile progettare un' altra università. «Nessuno vuole difendere la scuola così com' è» è la frase che si sente più spesso in bocca agli studenti. Il movimento li ha spinti a guardarsi intorno, indagare, studiare, confrontare le loro esperienze con quelle di docenti e genitori. Un apprendistato civile per un paio di generazioni che si sono affacciate alla vita pubblica, ai problemi del Paese, sia pure filtrati attraverso il microcosmo scolastico, peraltro non tanto «micro». La scuola riflette l' immagine del Paese, nel peggio e nel meglio. Sprechi ed eroismi, corruzione e altruismo, fannulloni e stakanovisti, concorsi truccati e isole di eccellenza, ma familismo, gerontocrazia e partitocrazia imperanti ovunque. «Non è vero che in Italia si spenda così poco per la ricerca - ammetteva ieri a piazza Navona un ricercatore del Cnr - ma si spende molto male. La Gelmini dice che andrà avanti, che comunque c' è bisogno di una riforma dell' università. Ma è proprio quello che chiediamo noi, una vera riforma». S' incontrano negli atenei d' Italia potenziali premi Nobel di venticinque o trent' anni pagati la metà di un operaio e anziani imbucati dalla famiglia o dal partito, senza alcuna gloria accademica, che guadagnano più di un alto dirigente della Fiat. Quando la tendenza nel resto d' Europa, per non dire degli Stati Uniti, è di pagare meglio i più giovani. Mancano fondi per la ricerca contro il cancro e piovono invece milioni per creare nuovi sedi di Medicina in provincia, altre cattedre per amici degli amici, nipoti e fidanzate. L' idea di farsi largo in questa jungla a colpi di decreto, tagliando qua e là a caso, è un non senso. L' ultima riforma universitaria europea, quella varata dal governo conservatore Sarkozy in Francia, era partita con l' ipotesi di tagliare fondi, ma dopo mesi di studio e confronto con sindacati, studenti e docenti, è approdata a un investimento di 1.800 milioni di euro nei prossimi tre anni, sulla base di criteri di rigore meritocratico. L' esatto contrario di quanto avverrà nei prossimi tre anni in Italia, con il taglio di 1.600 milioni ai danni soprattutto dei settori più avanzati. «Siamo la prima generazione dal dopoguerra a crescere in tempi di recessione» diceva uno studente venuto da Bologna «Hanno dissipato il passato e chiedono a noi di rinunciare al futuro. Pensano che ci fermeremo perché è passato un decreto. Non capiscono che andremo avanti, che non abbiamo nulla da perdere?». - CURZIO MALTESE
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