domenica 7 dicembre 2008

Thyssenkrupp, un anno dopo la strage


Thyssen, l'ira e la memoria
Ministri assenti alla manifestazione di Torino.
Il padre di una vittima: vergogna, sono con i padroni


Non un ministro, né un sottosegretario e neppure un segretario di partito. Assente, ieri mattina, il governo. Lo ha notato la gente comune, lo hanno stigmatizzato esponenti del centrosinistra e i parenti dei sette operai morti, un anno fa, nell’inferno della ThyssenKrupp. «Non dimenticare l’atroce tragedia dei lavoratori della Thyssen è non soltanto un dovere morale, ma un impegno politico - esordisce Piero Fassino, al cimitero monumentale dove ieri mattina è stata celebrata una messa e inaugurata una targa commemorativa donata dal Comune -.

Un paese civile, infatti, non può tollerare che ogni anno 1.500 persone muoiano lavorando. Ed è certo sconcertante che nessun esponente del governo e della sua maggioranza abbia sentito la sensibilità di essere questa mattina accanto ai familiari delle vittime». Secondo Fassino «restituire dignità al lavoro è condizione essenziale perché ogni cittadino si senta rispettato e tutelato nella sua fatica». E in realtà fa un certo effetto individuare tra i banchi della chiesa del cimitero l’ex ministro al Lavoro Cesare Damiano, mentre manca quello attuale.

Maurizio Sacconi ha però inviato un messaggio in cui ribadisce che «il governo ha assunto il fermo impegno a conseguire più diffusamente nell’intero Paese più alti livelli di effettiva sicurezza sui luoghi di lavoro». Eppure al cimitero, accanto al prefetto Paolo Padoin, alla presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso, al presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta, e al sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, spicca l’assenza di esponenti del governo. «Una brutta assenza - commenta il vicepresidente della commissione di Vigilanza Rai, onorevole del Pd Giorgio Merlo - ma anche il Partito democratico ha il dovere di collaborare con il governo su questo tema». La latitanza di governo e Confindustria viene sottolineata anche da Antonio Boccuzzi, oggi parlamentare del Pd, ex operaio Thyssen, unico superstite al rogo di un anno fa. «È un fatto che preoccupa e amareggia - dice - perché così facendo si cerca di rimuovere la memoria di quella tragedia e di quanti hanno pagato e purtroppo pagano con la vita il solo fatto di lavorare».

E aggiunge: «Noi e tutta la città di Torino non dimentichiamo come non dimenticano i lavoratori costretti ad affrontare ogni giorno il problema della sicurezza sul lavoro. Al di là del mio personale e diretto coinvolgimento nella vicenda, ritengo che l’aver disertato un appuntamento dall’alto valore simbolico sia un pessimo segnale per il futuro dei lavoratori. Soprattutto oggi quando a fronte di una crisi crescente esiste il concreto rischio che, sotto il ricatto occupazionale, si allenti l’attenzione sulla necessaria e rigorosa applicazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro».

Delusione, amarezza e senso d’abbandono sono invece le sensazioni principali avvertite dai parenti dei sette martiri del lavoro. «È una vergogna! - attacca Luigi Santino, fratello di Bruno, bruciato vivo a soli 26 anni - Ma non poteva essere altrimenti: il governo del centrodestra fa gli interessi degli imprenditori». Sabina Laurino, moglie di Angelo e madre di due adolescenti si rammarica «per il disinteresse del governo in un momento così delicato in cui si attende la revisione del testo unico in materia di sicurezza sui luoghi del lavoro». Perplesse e disilluse sono, invece, Graziella Rodinò e Rosina Demasi, mamme rispettivamente di Rosario e Giuseppe, entrambi morti a 26 anni. «Altro che politici! Meno male che la giustizia, grazie a Guariniello, sta difendendo la memoria dei nostri figli».


(Grazia Longo, La Stampa)

Nessun commento: